Berlino si ricorda per tante cose ma sicuramente una di queste è il libro e poi successivamente, forse meglio, il film da questi tratto:
“Christiane F.” (Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino)
che ebbe molto successo negli anni ‘80 e fece sì che la città avesse nuovamente un motivo per essere messa sotto la lente di ingrandimento o comunque all’attenzione della gente. Come tutti ricordano il libro (e quindi il film) raccontava la storia di una ragazza di 15 anni, Christiane Felscherinow, che con un gruppo di suoi amici conduceva una vita disperata e al margine della civiltà nei pressi dello zoo di Berlino, inseguendo quotidianamente la possibilità di drogarsi.
Il libro fu un culto in quegli anni anche perché riuscì, con cruda realtà, a raccontare il dilemma di una generazione; una gioventù che in una società di consumo e sviluppo, in una città occidentale come Berlino, era facile preda del malcostume sociale e in balia degli effetti della trasgressione, del sesso dell’alcol e delle droghe. Uno scenario molto simile a quello di molte altre città in quel periodo e che ha bruciato o fortemente compromesso il futuro di molti giovani.
Dopo tanti anni la storia ha un seguito. In ottobre sarà in libreria:
“seconda vita” di Christiane, un autobiografia scritta con l’aiuto della giornalista Sonja Vukovic che grazie alla raccolta di 400 ore di registrazioni, confidenze e quant’altro, in tre anni è riuscita a ripercorrere gli ultimi 35 anni della Felscherinow che ora abita nel Brandeburgo. Un altro pezzo di vita, che nonostante il successo del libro e del film, esaurita in malo modo la carica economica, ha avuto continui alti e bassi, con ritorni disastrosi nel mondo della droga e momenti meno brutti, ma tendenzialmente tutti di nuovo al limite e al margine della società. Insomma torna la ragazza dello zoo di Berlino e se in una frase si volesse riassumere il contenuto di questo nuovo libro con le sue stesse parole, si potrebbe scrivere:
“Vita sprecata, salvo solo mio figlio”